La Sindone di Torino è reale? Ricercatori italiani forniscono nuove prove che non si tratta di un falso!

Gli scienziati hanno effettuato misurazioni su misurazioni, hanno tenuto conto di molte incognite e sono arrivati ​​a un risultato certo: la Sindone di Torino non è un falso, come si vociferava negli ultimi anni! Vedi perchè!

È un enigma che divide scienziati e credenti da secoli. Ma ora diversi ricercatori sostengono che la Sindone di Torino potrebbe effettivamente essere l’indumento con cui fu sepolto Gesù Cristo, anche se test condotti per anni hanno dimostrato il contrario.

Utilizzando una serie di esperimenti avanzati, i ricercatori italiani hanno affermato che la “tecnologia” disponibile al momento della creazione della Sindone semplicemente non era in grado di fabbricare contraffazioni. I test al carbonio effettuati nel 1988 a Oxford, Zurigo e in Arizona suggeriscono che la Sindone risale al periodo 1260-1390. Il risultato è stato contestato perché sembra che la Sindone sia stata contaminata da pezzi di tessuto cuciti dopo essere stata colpita da un incendio nel 1532, scrive bzi.ro.

Sono visibili segni di bruciatura sui bordi della sindone, dove gocce di argento fuso cadevano sul tessuto. I teologi hanno ipotizzato che il volto di Gesù fosse stampato sul sudario custodito nella cattedrale di San Giovanni Battista a Torino durante la resurrezione di Gesù.

Quando qualcuno dice che una scintilla di luce è capace di lasciare le stesse tracce di quelle lasciate sulla Sindone, le discussioni inevitabilmente finiscono nel campo dei miracoli e della resurrezione.“, ha affermato il professor Paolo di Lazzaro.

Nella sua relazione si legge: “La doppia immagine (fronte e retro) di un uomo torturato e crocifisso, appena visibile sulla tela della Sindone di Torino, presenta molte caratteristiche fisiche e chimiche uniche e impossibili da riprodurre in laboratorio. Ci auguriamo che i nostri risultati aprano dibattiti filosofici e teologici, ma lasciamo le conclusioni agli esperti e, in ultima analisi, alla coscienza pubblica.“.

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Nerio Baroffio

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