La polizia ha sequestrato beni per oltre 250 milioni di euro alla mafia calabrese

Giovedì, la polizia italiana ha avviato un’operazione contro la mafia che ha seminato il caos in Calabria, nel tacco dello “stivale” italiano, confiscando beni per un valore complessivo di oltre 250 milioni di euro, riferisce Agerpres.

Cinquantasei persone, la maggior parte delle quali già in carcere, sono sospettate di associazione a delinquere mafiosa, estorsione, sequestro di persona, corruzione e detenzione illegale di armi, secondo la polizia e la procura.

Circa 300 persone delle forze dell’ordine hanno preso parte a questa operazione in un’area controllata dal clan Mancuso, un potente clan che fa parte della mafia calabrese, la più grande d’Italia e conosciuta come ‘Ndrangheta.

Centinaia di membri di questa organizzazione vengono processati in un maxi-processo.

Oltre ad esponenti della ‘ndrangheta, l’inchiesta ha preso di mira diversi imprenditori, un consigliere regionale scarcerato pochi giorni prima e due dipendenti pubblici.

Il capo del clan, Luigi Mancuso, è il criminale più importante processato in questo maxi-processo iniziato nel gennaio 2021.

Il suo clan, alleato con le famiglie La Rosa e Accortini, continua comunque a controllare le attività criminali nella provincia di Vibo Valentia.

In Calabria, la ‘Ndrangheta è fortemente infiltrata nell’economia, rendendo quasi impossibile sradicare questa mafia.

Grazie al suo controllo sull’importazione di cocaina in Europa, la ‘Ndrangheta è la mafia più potente in Italia, superando anche Cosa Nostra, la sua concorrente siciliana. Reinveste i suoi proventi illeciti nell’economia legale.

L’operazione di polizia di giovedì ha preso di mira anche altre zone della Calabria, come Palermo in Sicilia, Roma e Milano.

Un funzionario delle forze dell’ordine italiane, Francesco Messina, ha sottolineato il potere economico del clan, che si basa localmente su attività di estorsione “sostanziali”. La “totale assenza” di denunce presentate dalle vittime alle autorità dimostra il potere intimidatorio dell’organizzazione, ha sottolineato.

Tarso Mannarino

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