Resta valida la decisione di condannare Alina Bica a 4 anni di reclusione, così come il mandato d’arresto europeo emesso nei confronti dell’ex capo del DIICOT, dopo che i magistrati del tribunale di Bucarest hanno respinto la sua richiesta di esecuzione.
Il giudice ha scritto di non avere motivo di annullare i due atti, purché “la persona condannata sia in vita, che non sia stata consegnata alle autorità rumene e che sussistono le ragioni che hanno giustificato l’emissione del mandato d’arresto europeo” .
La latitante ex dirigente del DIICOT, Alina Bica, è in Italia, dove sfugge all’esecuzione della sentenza ricevuta perché, dall’alto ruolo che ricopriva, ha favorito l’uomo delle cause Ovidiu Tender – quello contro il quale ha anche aperto un fascicolo quando era un semplice pubblico ministero.
La decisione di condannarla a 4 anni di reclusione per aver favorito l’autore è stata presa dall’Alta Corte nel 2019, e da allora Alina Bica ha cercato, tramite avvocati, di ribaltarla.
Tra queste cause c’è anche un’impugnazione in esecuzione forzata che Alina Bica ha presentato al tribunale di Bucarest, respinta il 1 settembre. Il caso è ora pendente davanti alla Corte d’Appello di Bucarest, dove sarà ascoltato il 7 novembre.
Dalle motivazioni della decisione del tribunale di Bucarest – viste da Ziare.com – emergono interessanti dettagli dalla vita in Italia di Alina Bica, dopo che la Corte d’Appello di Bari ha deciso che dovrebbe scontare la pena inflitta dai giudici rumeni agli arresti domiciliari.
Ebbene, la casa di Alina Bica si trova nel piccolo paese di Altamura, situato a sud, proprio nel “tacco dello stivale”.
È qui che vive Alina Bica, dove gode – anche dalla finestra – dell’architettura medievale e dei monumenti storici della città che, secondo il poeta rumeno Orazio, aveva “il pane più buono del mondo”.
“Per il tempo concesso, 06.08.2021, è stata presentata a il fascicolo del caso, dagli atti del fascicolo, che ne risulta la resistente ha ricevuto la citazione e ha firmato personalmente la ricevuta in data 19.05.2021, presso la sua abitazione ad Altamura“, si legge nel documento citato.
Al di là di questo dettaglio, dalla motivazione emerge che Alina Bica ha chiesto l’annullamento del mandato di esecuzione della sentenza e l’annullamento del mandato d’arresto europeo.
Il tribunale: “Non c’è incidente di ritiro del mandato d’arresto europeo”
“Si segnala inoltre che ciò che viene richiesto in questo caso è l’annullamento del mandato di esecuzione della pena detentiva per il fatto che l’esecuzione è stata ripresa dalle autorità italiane, a seguito della richiesta del giudice dell’esecuzione in merito all’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso sulla base del MEPÎ. Contestualmente, si è rilevato che nel caso di specie il ritiro del mandato d’arresto europeo n. 48/2019 emesso per dare esecuzione al mandato di esecuzione della pena detentiva n. 90/2019″, si legge nella motivazione.
Il giudice del tribunale di Bucarest non si è arreso e ha respinto le pretese di Alina Bica per i seguenti motivi:
- “La decisione della Corte d’Appello di Bari (…) il 27.11.2020, irrevocabile il 22.12.2020, la sentenza di condanna definitiva emessa dai tribunali rumeni non manca di esecutività e quindi non comporta di per sé l’annullamento delle forme di esecuzione del mandato nazionale di esecuzione della pena detentiva inizialmente emesso, tanto più che dagli atti del fascicolo risulta che, qualora la richiesta del condannato in vista di scontando la pena la pena in Italia è stata accettata, secondo gli standard del sistema penale italiano, tuttavia il condannato è stato rilasciato il 23.09.2020 e non ha ancora iniziato a scontare la pena detentiva nel territorio dello Stato italiano“.
- “Anche se il condannato avesse iniziato l’esecuzione della pena detentiva nello Stato italiano, tale esecuzione sarebbe comunque in corso, quindi il mandato di esecuzione della pena detentiva non rimarrebbe senza oggetto prima dell’esecuzione della pena da parte del condannato nel territorio italiano e dopo essere stato informato dallo Stato italiano che la pena è stata eseguita o che è sorta una causa che non consente più la prosecuzione dell’esecuzione della pena o eventualmente la prosecuzione dell’esecuzione della pena nel territorio della Romania o di altro Stato dell’Unione Europea, nel caso in cui il condannato sfugga o sfugga all’esecuzione della pena nel territorio dello Stato italiano”.
- “Anche, pure, il tribunale ritiene che la procedura per l’esecuzione della pena detentiva non sia stata avviata, mentre il condannato non si trova nel territorio della Romania. Inoltre, non è stata avviata la procedura per delegare l’esecuzione della pena detentiva. Per tali ragioni, il mero riconoscimento da parte delle autorità italiane della condanna non costituisce motivo di annullamento del mandato di esecuzione della pena detentiva”.
- “Sul ritiro del mandato d’arresto europeo, il giudice rileva che, ai sensi dell’art. 95 comma 1 della Legge n. 302/2004 Mandato d’arresto europeo è revocato se sono venute meno le ragioni che ne giustificavano l’emissione o se la persona ricercata è morta. In questo caso, il condannato è vivo, non è stato consegnato alle autorità rumenee sussistono ancora le ragioni che hanno giustificato l’emissione del mandato d’arresto europeo (la sentenza pronunciata dalla sentenza penale del 29.11.2016 dell’ICCJ – Sezione Penale, definitiva con la decisione del 27.11.2019 dell’ICCJ – Collegio dei 5 giudici è stata non eseguito), quindi non vi è incidente di ritiro del mandato d’arresto europeo n. 48/27.11.2019″, indica la motivazione.
Condannato a 4 anni di reclusione e dopo un nuovo processo
Il 29 novembre 2019 l’ex boss del DIICOT Alina Bica è stata definitivamente condannata dall’Alta Corte di Cassazione e Giustizia a 4 anni di carcere con esecuzione, in un caso in cui è stata accusata dal DNA di favorire l’uomo d’affari Ovidiu Tender . Nel merito, nel novembre 2016, Alina Bica è stata condannata a 4 anni di reclusione per aver favorito l’autore, sentenza rimasta definitiva nel giugno 2018.
Nel marzo 2019 la sentenza di condanna è stata ribaltata dalla Corte di Cassazione, sulla base della decisione della Corte Costituzionale in merito all’illegittima composizione di collegi di cinque giudici.
Al nuovo processo, l’appello di Alina Bica è stato respinto e la condanna del novembre 2016 è stata confermata.
“A maggioranza: respinge, in quanto infondati, i ricorsi dichiarati dall’imputata Bica Alina Mihaela e dal Pubblico Ministero – ADN avverso la condanna penale n. 1057 del 29 novembre 2016, resi dall’Alta Corte di Cassazione e Giustizia – camera penale in fascicolo n. 2471/1/2015 In base all’articolo 275 comma (2) del codice di procedura penale obbliga il ricorrente, la resistente, l’imputata Bica Alina Mihaela a pagare allo Stato la somma di 1.000 lei a titolo di spese legali. Definitiva”, è precisato nella sentenza della Suprema Corte.
C’era anche un parere separato da un giudice in merito all’assoluzione di Alina Bica.
Come Bica ha preferito Tender, che ha anche “tappato”
DNA sostiene che nel 2013, l’uomo d’affari Ovidiu Tender ha chiesto il sostegno di Alina Bica per ottenere la sospensione della pena nel caso RAFO pendente davanti al tribunale di Bucarest. Bica ha incaricato i suoi subordinati DIICOT di chiedere al tribunale di concedere a Tender una sospensione della pena, secondo i pubblici ministeri del DNA.
Così, nell’ambito in cui, nella primavera del 2013, Ovidiu Tender è stato processato nel caso RAFO, strumentato da DIICOT, in cui l’atto d’accusa è stato redatto da Bica, l’imprenditore ha messo, da l tramite i suoi legali, a disposizione di Ionuţ Florentin Mihăilescu, ex agente di polizia giudiziaria e consigliere di Alina Bica, atti relativi al rispettivo procedimento penale, al fine di consultare ed esprimere un parere, sia da parte sua solo da parte di Bica, al fine di avere la possibilità di una soluzione favorevole.
“Dato il rapporto in essere tra Mihăilescu Ionuţ Florentin e Bica Alina Mihaela, il detto Tender Ovidiu ha chiesto l’appoggio del magistrato attraverso il suo dipendente e i suoi legali al fine di formulare una difesa favorevole all’imputato Tender Ovidiu, tenuto conto del fatto che il pubblico ministero Bica Alina Mihaela è stato colui che ha curato il fascicolo e ne ha disposto il rinvio in tribunale Per il supporto fornito, ai fini sopra indicati, ha beneficiato Mihăilescu Ionuţ Florentin, dipendente di SC Prospectiuni SA, società partecipata da Tender Ovidiu da una carta emessa da Unicredit Bank, nella quale le vengono trasferite diverse somme di denaro. Inoltre, dai documenti e dai lavori del fascicolo n. 393/P/2013, risulta che Mihăilescu Ionuţ Florentin e Bica Alina Mihaela hanno acquisito immobili (terreno) e, al fine di occultarne la provenienza, gli atti di proprietà sono stati redatti in suo nome Gavrilă Ştefan e in nome di altri intermediari”, ex DNA replicato.
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