La nuova proposta, sostenuta dalla Meloni, è stata presentata da Fabio Rampelli, membro della Camera dei deputati italiana. In un post sul suo profilo Twitter, il deputato denuncia la cosiddetta “Anglomania”.
“Nella camera bassa del Parlamento si parla italiano”, scrive Rampelli. “Continuiamo a lottare per usare la nostra lingua invece dell’inglese”.
Ha anche fornito un esempio di un termine che vorrebbe cambiare. Invece di usare la parola “dispenser” in inglese, il governo Meloni chiederebbe ai funzionari di usare l’espressione italiana per il contenitore del sapone liquido: “dispensatore di liquido igienizzante per le mani”.
Se la legge verrà approvata, politici e funzionari italiani saranno multati tra 5.000 e 100.000 euro per aver utilizzato termini inglesi nelle comunicazioni ufficiali.
L’italiano, come la maggior parte delle lingue europee, negli ultimi anni ha adottato molti termini dall’inglese, in parte perché erano termini per cose “nuove” che non facevano parte della tradizione italiana, in parte perché l’inglese fornisce spesso un’espressione più concisa e veloce di termini che in italiano, richiederebbe un modo di esprimersi abbastanza ordinario.
Ad esempio, termini come “briefing” o “scadenza” sono spesso usati nelle comunicazioni ufficiali delle autorità italiane al posto delle classiche espressioni italiane.
L’ultima versione dell’Enciclopedia Italiana Treccani contiene attualmente 9.000 parole in inglese e 800.000 parole in italiano. Dal 2000 il numero di parole inglesi che entrano in italiano è aumentato del 773%.
L’adozione di parole inglesi in italiano è oggetto di un dibattito senza fine in Italia, dove le opinioni sono divise tra la tutela dell’integrità della lingua nazionale e l’accettazione che le lingue vive siano fluide e in continua evoluzione.
La nuova proposta legislativa della Meloni prende una linea dura in questo dibattito, spingendo per un approccio conservatore che mira a bandire virtualmente le parole inglesi dalla pubblica amministrazione, dalle scuole e dalle università. Secondo la nuova legge, “qualsiasi corso [universitar] che non è specificamente finalizzato all’insegnamento di una lingua straniera deve essere in lingua italiana”. I corsi di lingua straniera saranno giustificati solo se rivolti a studenti stranieri.
Chi ricopre un incarico nella pubblica amministrazione deve avere “una conoscenza scritta e orale della lingua italiana”.
Il disegno di legge deve essere discusso e votato nel Parlamento di Roma.
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