Il premier italiano suonerà come canta Bruxelles?

Giorgia Meloni difficilmente combatterà con l’Ue: loro possonoaspettatevi attriti, ma il leader italiano questo lo sa mettere il paese in rotta di collisione con i partner europei sarebbe contro l’interesse nazionale.

La vittoria della coalizione di destra, guidata dal partito Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, è l’ultima tappa di un processo di trasformazione del sistema politico italiano, un processo che va avanti da un decennio.

Tuttavia, l’elettorato italiano rimane disilluso, irrequieto e sospettoso, oltre che scettico nei confronti dell’Unione Europea – anche se non necessariamente ostile – e questa nuova coalizione riflette esattamente questo.

Sarabanda dei governi

La storia inizia nel 2011, con la crisi del debito sovrano, il crollo dell’ultimo gabinetto di Silvio Berlusconi e la successiva nascita di un governo eurocratico guidato dal premier Mario Monti.

Politico osserva che “gli italiani sono emersi da questi eventi con due lezioni: la politica interna non era riuscita ad adattare il Paese all’ambiente globale del 21° secolo; e l’UE non è stata in grado o non ha voluto proteggere l’Italia dai disordini internazionali”.

Così, alle elezioni del 2013, l’elettorato reagì cedendo il 25% al ​​Movimento 5 Stelle – partito fondato dal comico Beppe Grillo per protestare contro i partiti costituiti, così come a Bruxelles. Il sistema politico che aveva governato l’Italia dal 1994 era allo sfascio. La rivolta populista era iniziata.

La XVII legislatura repubblicana che è seguita, dal 2013 al 2018, si è svolta nella vana speranza che la fulminea ascesa dei 5 stelle fosse accompagnata da una altrettanto fulminea scomparsa.

Ma nel frattempo, il crescente afflusso di migranti ha alimentato una seconda ondata di populismo, quella di Matteo Salvini, che ha trasformato la Lega regionalista del nord Italia in una forza politica nazionalista.

Nelle successive elezioni del 2018, Lega e 5 Stelle di Salvini ottennero la maggioranza parlamentare e formarono un governo di coalizione. Desideroso di sfruttare il suo consenso, Salvini ha poi fatto cadere questo governo, puntando a organizzare elezioni anticipate, ma non ci è riuscito. E da quel momento, lentamente ma inesorabilmente, le voci hanno cominciato a fluire dalla Lega a Fratelli d’Italia.

La morte del populismo?

Giorgia Meloni è una politica di convinzione. È un conservatore nazionale, diffidente nei confronti della globalizzazione e poco convinto – a dir poco – del modo in cui si è svolto il processo di integrazione europea dal 1992.

Ma sa benissimo che la risposta europea all’aggressione della Russia contro l’Ucraina ha cambiato la situazione. È anche consapevole che mettere l’Italia in rotta di collisione con i suoi partner europei o transatlantici sarebbe del tutto contrario all’interesse nazionale dell’Italia, che considera una priorità: la sua collaborazione con Draghi nei giorni di transizione dopo le elezioni lo dimostra chiaramente.

Quindi, nonostante le posizioni piuttosto ambigue dei suoi alleati Salvini e Berlusconi, la posizione antirussa del governo Meloni sarà molto solida – ma più problematica nel caso dell’UE.

Il nuovo governo sarà sicuramente scontento di qualsiasi tentativo di ridurre ulteriormente la sovranità nazionale, e la Meloni ha più volte affermato che l’Italia non ha difeso con sufficiente forza i propri interessi nei negoziati europei.

Probabilmente ci vorrà del tempo prima che Meloni decida esattamente come vuole giocare la partita europea. Ma lo farà secondo le regole, perché non c’è un’alternativa realistica per lei o per l’Italia.

Il nuovo governo offre infatti la possibilità di colmare finalmente il divario tra l’opinione pubblica italiana e l’Ue, mentre chi lo vuole fallire spera in un altro governo apolitico, tecnocratico e privo di legittimità elettorale. Un governo del genere non farebbe altro che rafforzare la convinzione già diffusa che l’Italia non sia più una vera democrazia. Renderebbe gli italiani ancora più disillusi e più propensi a inseguire la prossima ondata di populismo, forse anche più arrabbiata dei suoi predecessori.

Attilio Trevisan

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