I tre scenari per il nuovo governo italiano. Il periodo post-elettorale sarà influenzato dalla gravità delle emergenze
Nel frattempo, i tempi non sono favorevoli a una rapida soluzione dell’enigma: le nuove Camere si riuniranno per la prima volta il 13 ottobre, e il primo fascicolo non riguarderà il nuovo esecutivo, ma l’elezione dei presidenti, ovvero dei presidenti di Montecitorio. (Camera dei Deputati) e Palazzo Madama (Senato). Nello scenario più ottimistico, l’Italia non avrà un Presidente del Consiglio e una squadra di ministri prima della fine di ottobre, non prima. Passerà almeno un mese tra l’ultimo voto conteggiato e il trasferimento dello scettro del potere a palazzo Chigi: giorni e settimane durante i quali, oggettivamente, tutto può succedere.
Ma iniziamo con l’aritmetica. Nella nuova Camera, con 392 deputati più 8 eletti dall’estero, la maggioranza numerica è 201. Nel nuovo Senato, con 196 seggi più 4 assegnati dall’estero, la barra minima perché una maggioranza possa rivendicare il diritto di governare è almeno 106 -107/ A Montecitorio, raggiungendo un risultato complessivo del 45-47%, il centrodestra vincerebbe 110-115 dei 245 deputati distribuiti. Per arrivare a 201, la coalizione di Meloni, Salvini e Berlusconi, visto il vantaggio, avrebbe bisogno di conquistare più di 90 dei 147 seggi assegnati all’unanimità.
Ci sono tre scenari plausibili per il post-voto
La prima vede il centrodestra ottenere una netta maggioranza e conquistare una quota significativa di collegi uninominali a causa della disgregazione della coalizione di centrosinistra, divisa tra PD, M5S e Terzo Polo.
Il secondo scenario vede il centrodestra così dominante nei collegi uninominali da riuscire a “convincere” i due terzi dei parlamentari (266 alla Camera e 137 al Senato), numero sufficiente per modificare la Carta costituzionale, anche evitare il referendum
In alternativa a questo secondo scenario, ne esiste un terzo, più plausibile, in cui il centrodestra potrebbe raggiungere la cifra di 363, tra deputati e senatori, sufficienti, ad esempio, per eleggere autonomamente i parlamentari eletti del CSM e la Corte costituzionale. Il terzo scenario è legato alla resistenza generale del Pd e dei suoi tre alleati di centrosinistra, alla crescita del Terzo Polo a spese del centrodestra, e alla rinnovata competitività del M5S nei collegi del Sud: in questo caso, potrebbe accadere che almeno in uno dei rami del Parlamento, in particolare a Palazzo Madama, dove i senatori a vita incidono sulle soglie di riferimento, ci sia una situazione di insufficienza del centrodestra, o di una situazione confinante con la maggioranza.
Sembra chiaro che, quando si tratterà di lavorare attivamente per formare il governo, sarà dalla coalizione che ha vinto le urne e dai numeri che può vantare in Parlamento. Ma mentre il primo e il secondo scenario aprono la strada a governi “politici” di centrodestra, il terzo scenario mette in gioco anche altre forze politiche, comprese quelle che hanno cercato di opporsi alla fine del governo Draghi.PD e Terzo Polo, mentre il M5S, che è stato all’origine della crisi esecutiva, sembra destinato a una nuova stagione di feroce opposizione.
Un governo politico di centrodestra, secondo gli accordi firmati da Fratelli d’Italia, Lega Nord, Forza Italia e Moderati, prevede che il Presidente del Consiglio sia nominato dal partito che ottiene più voti. E così Giorgia Meloni potrebbe essere la prima donna a varcare le porte di Palazzo Chigi da presidente. Tuttavia, un governo politico è abbastanza difficile da costruire, soprattutto in considerazione delle differenze tra i partiti della coalizione, sia in termini di politica estera che di politica di bilancio, i due polmoni dell’azione di governo su cui il Capo dello Stato esercita la propria moral suasion.
Non bisogna dimenticare quanto accaduto nel 2018, quando Sergio Mattarella non ha impedito la nascita di un governo politico tra M5S e Lega, ma non ha rinunciato all’esercizio di queste prerogative costituzionali che incidono sull’elezione dei ministri chiave: quella di l’economia e, soprattutto, il Ministro degli Affari Esteri.
Se la coalizione di centrodestra emergesse dalle urne senza autosufficienza numerica, o con margini troppo piccoli per la posta in gioco che seguiranno, riprenderebbe l’ipotesi di nuove ampie coalizioni attorno a Mario Draghi. L’incognita non è solo la disponibilità dei Fratelli d’Italia che, nell’ultimo esecutivo, si sono orgogliosamente battuti all’opposizione. Un’altra incognita è la salute post-voto del Pd che, come nel 2013, potrebbe ripagare il suo impegno per accordi di massima. E per il neonato terzo polo sarebbe avventato scegliere di rimanere in un governo con forze di destra-destra, senza che altre componenti del centro-sinistra siano coinvolte.
Ci sono, o sembrano esserci, solo due certezze
La prima: in ogni caso, la responsabilità di formare un governo spetterà questa volta a Giorgia Meloni, che non può sottrarsi sia in presenza di una maggioranza politica sia nel caso in cui trovi formule diverse.
Seconda certezza: il mondo non smetterà di camminare finché l’Italia non avrà un governo. Guerra, bollette, pandemia, crisi sociale ed economica, necessità di preparare subito una manovra economica per evitare l’esercizio dell’interim, timori dei mercati finanziari, aspettative dell’UE e degli alleati atlantici… la realtà continuerà a colpire porta della politica e chiede risposte. E il “livello di urgenza” che si raggiungerà dopo il voto giocherà un ruolo anche nel gioco del futuro governo, scrive In arrivo.
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