Dei 16mila infermieri iscritti a Torino, 2mila non sono nati in Italia. E tra loro, la stragrande maggioranza sono rumeni, annuncia Corriere della Sera.
La carenza di infermieri in Piemonte (una delle 20 regioni d’Italia, situata nel nord-est del Paese, con una popolazione di circa 4,4 milioni di abitanti e con capoluogo Torino) è un fatto noto in Italia. A febbraio Claudio Delli Carri, segretario del sindacato Nursing Up, parlava di «5mila infermieri scomparsi, oltre ai 21mila che già lavorano sul territorio».
A queste parole ha fatto eco, qualche giorno fa, Giuseppe Summa, collega del Nursid (altro sindacato di categoria), che in una nota denunciava come “sempre più infermieri e professionisti, stremati da rotazioni impossibili per coprire tutti i servizi, in assenza di adeguati personale, scelgono di lavorare altrove, non solo per ragioni economiche, ma anche per tutelare la propria salute.
Posizione condivisa anche da Francesco Coppolella, segretario regionale di Nursind, che parla piuttosto apertamente di problemi economici e salari “bassi all’ingresso, massimo 1.600 euro al mese” e definisce la situazione piemontese in linea con quella italiana.
Nessuna soluzione sembra all’orizzonte, almeno stando alle parole del ministro della Salute, Orazio Schillaci, che ha sottolineato come l’assunzione di personale straniero, soprattutto indiano, sia l’unica soluzione.
In questo senso, dei 16.000 iscritti all’ordine delle professioni infermieristiche di Torino (di cui l’80% donne), “2.000 non sono nati in Italia, ma anche se la maggior parte di loro ha conseguito il diploma di infermiere all’estero, hanno avuto successo completato l’iter ministeriale per ottenere il riconoscimento dei diplomi in Italia”, spiega il presidente dell’Ordine di Torino, Ivan Bufalo.
“La popolazione predominante è quella rumena, con più di 1.200 persone registrate, seguita dalla popolazione peruviana, con più di 200 rappresentanti”, dice il funzionario.
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