Cătălin Oprișan scrive di Gigi Riva, il “Rombo di tuono”, che se ne andò all’età di 80 anni: “Questo titolo significò il ritorno della Sardegna all’Italia”

SPORT.RO

Data di pubblicazione: Lunedì 29 gennaio 2024, 13:57

Data aggiornata: Lunedì 29 gennaio 2024, 14:05


di Cătălin OPRISAN

18 anni, Legnano, in serie C. Soldi non c’erano, quindi la fatica del pallone si alternava al lavoro alla fabbrica di ascensori. Un ragazzo negli occhi. Amico di Andrea Arrica, direttore generale del Cagliari. “È fatto, lo prendo!”, lo sentirono parlare. Papà, una carriola di soldi: 37.000.000 di sterline, divise in sette rate! Si ritrovò così in Sardegna, l’isola che non avrebbe mai più lasciato, dove si sarebbe sposato, dove avrebbe cresciuto i suoi figli, dove… Ma non era stato tutto così facile.

Intorno al 1964 l’isola non assomigliava nemmeno alle foto. Tante pietre, villaggi senza elettricità, gettati qua e là, traghetti che passano ignorando, per così dire, le anime che salutano con le mani.

Ma il ragazzo, alto 1,80, con la faccia tirata, in alcuni punti costolata, con l’aria triste, si è messo in cammino. Il primo anno portò la squadra in Serie A, per la prima volta nella storia. Arrica, il presidente, non è rimasto con le mani in mano, ha chiamato come allenatore Manlio Scopigno, come sarebbe stato soprannominato “Il Filosofo”, poi Roberto Boninsegna, il partner offensivo.


“Nel 1963 mi vollero per la prima volta. Non andai, non volevo, ma mi dispiaceva. Quando entrai in squadra nel 1966, tutti ci chiamavano banditi o pastori. Lo sapevo che per tante persone lì il calcio era l’unica gioia. Allora ci siamo detti: godiamocelo, no?” Ricorda Roberto.

A quel tempo nel calcio italiano c’erano due “leggi”. piccolo a) se vuoi vincere uno scudetto devi sconfiggere la Juventus e piccolo b) se ci riesci segna almeno un gol per la “Vecchia Signora”, la prossima stagione firmerai con… lei. Ma con Gigi è stato diverso, anche se ogni volta che il Cagliari arrivava nel continente, boom, dalla terra, dall’erba verde, appariva un emissario con i biglietti aerei per Torino: restava nella squadra dove aveva esordito nel grande calcio. .


  • “Nel 1968 arrivò l’Inter, la squadra dei miei sogni, con tanti soldi, portati da Angelo Moratti. Come potevo rifiutare una cosa del genere? Ebbene, rifiutai. Poi mi vendettero alla Juve a mia insaputa. Che siamo una piccola gruppo, i torinesi, uno grosso, che stiamo attraversando un periodo meno glamour e che milioni sono bravi, che… ho ruggito come un animale, ho detto loro: o resto qui o non sto giocare a calcio! Sono rimasto!” Gigi Riva



Inizialmente Riva non si era sciolta dopo la Sardegna. Presto avrebbe preso il volante della sua auto “Alfa Romeo Montreal”, con la quale avrebbe cantato ovunque. Qui con la squadra del 1970 (ultima da destra, in piedi)

Arrivò in Nazionale, con 35 gol in 42 presenze, capocannoniere della storia della Nazionale italiana. Campione d’Europa nel 1968, poi finalista della Coppa del Mondo del 1970, vinta dal Brasile. Ma prima dell’ultimo atto, questa semifinale da sogno contro la Germania Federale, con Kaiser Beckenbauer – anche lui recentemente scomparso – con la mano legata al collo. Poi, 1-4 con i sudamericani di Pelé, Carlos Alberto, Jairzinho e Rivellino. Niente più scudetto. Altro soprannome: “Il rombo del tuono”.

Molti dicono che il “padrino”, il giornalista del “Guerin Sportivo”, Gianni Brera, si sia sciolto dopo le sue azioni nella mitica arena “Amsicora”, a Cagliari. Sarebbe stato così, ma il “Rombo di Tuono” arrivò dopo la visita, il 25 ottobre 1970, del “San Siro”, la “Scala” del calcio italiano, con un 3-1 contro l’Inter, con doppietta di Gigi Riva . !


  • “Ho fumato tanto. Quattro-cinque sigarette? Allora, cosa, è fumata? Un giorno nello spogliatoio c’era così tanto fumo che non riuscivamo più a vederci. L’allenatore Scopigno è entrato e ci ha chiesto se ci dispiacesse, in qualche modo, se accendesse una sigaretta anche lui? Gigi Riva

Ha collezionato 315 partite e 164 gol per la squadra del club. Probabilmente avrebbe raccolto molto di più, ma gli infortuni non gli hanno dato pace. Marcatore, tre volte, in Serie A, calciatore che ha allenato la squadra dopo di lui. Così come gli altri compagni di squadra: Gigi, che fumava 18 sigarette al giorno, ha avuto cinque compagni di squadra in nazionale durante i Mondiali messicani.

Morì a quasi 80 anni. E se fosse grande? Ebbene di cosa stiamo parlando: 30mila persone al saluto d’addio alla Basilica di Bonaria. Più un pezzo di stoffa della stessa Brera: “Questo titolo significava il ritorno della Sardegna all’Italia”.



Potrebbe non essere l’immagine più chiara della storia, ma è dannatamente bella: Riva e Pelé

Guiberto Perro

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