Brasile: l’attacco bolsonariano, orchestrato dall’estrema destra americana (France24)

Il paragone è difficile da evitare: fin dalle prime immagini, l’attacco bolsonariano contro le sedi delle principali potenze brasiliane, domenica 8 gennaio, ricorda l’assalto al Campidoglio, guidato da attivisti pro-Trump, il 6 gennaio 2021.

Tanto più che i membri dell’estrema destra si sono affrettati a utilizzare gli stessi argomenti del 2021 per sostenere i manifestanti brasiliani. Steve Bannon, ex consigliere di Donald Trump e influente teorico della cospirazione, ha salutato “coraggiosi brasiliani che lottano per la libertà” su Gettr, un clone di Twitter popolare tra i membri dell’alt-right, una linea di movimento estrema che utilizza codici Internet.

Un tropicale “Stop Theft”.

Da parte sua, Ali Alexander, attivista ultraconservatore sospettato di essere uno degli organizzatori dell’attentato del 6 gennaio 2021, ha scritto su Truth Social (il social network di Donald Trump) che “non condannerà i militanti che assaltano il Campidoglio. Anche se ci sono stati scontri tra forze dell’ordine e bolsonaristi, ha incoraggiato i manifestanti a fare “tutto il necessario” per contestare i risultati delle elezioni presidenziali del 30 ottobre, vinte da Luiz Inácio Lula da Silva contro Jair Bolsonaro.

Lo stesso vale per Matthew Tyrmand, membro del gruppo di estrema destra Project Veritas, che per dieci ore ha preso le distanze dai suoi obiettivi abituali (i liberali americani) per diffondere messaggi proponendo una versione brasiliana del complotto “Stop theft”. movimento che sosteneva che Donald Trump avrebbe effettivamente vinto le elezioni del novembre 2020.

L’entusiasmo del microcosmo pro-Trump per questa esplosione di proteste in Brasile è la logica estensione di una campagna condotta dagli Stati Uniti per portare gli attivisti pro-Bolsonaro a contestare i risultati delle elezioni dello scorso ottobre.

La vicinanza ideologica tra Donald Trump e le sue truppe, da un lato, e Jair Bolsonaro, dall’altro, è documentata da anni. Non a caso l’ex presidente brasiliano è stato soprannominato “Trump dei tropici”.

Ma dopo la sconfitta elettorale di Jair Bolsonaro, i leader del movimento “Stop theft” hanno dato un forte impulso ai loro sforzi per creare l’illusione che l’attuale presidente brasiliano fosse “vittima” della stessa ingiustizia elettorale di Donald Trump contro Joe Biden.

#primaverabrasiliana

Lo scorso novembre, Eduardo Bolsonaro, uno dei tre figli di Jair Bolsonaro, è stato accolto a Mar-o-Lago, residenza di Donald Trump in Florida, dall’ex presidente e dal suo entourage per “discutere possibili iniziative che contestino i risultati elettorali”, secondo il Washington Inviare.

Spesso presentato come l’emissario non ufficiale di Jair Bolsonaro nel campo pro-Trump, Eduardo Bolsonaro è stato uno dei critici più accesi dei risultati elettorali. Ha continuato a contestare il verdetto anche dopo che suo padre ha ammesso la sconfitta.

Eduardo Bolsonaro ha così applicato i precetti di Steve Bannon, che ha fatto del terzogenito di Bolsonaro il portavoce del fenomeno “The Movement”, presentato come movimento populista internazionale.

Steve Bannon ha infatti dedicato intere puntate di “War Room”, il suo podcast seguitissimo negli ambienti complottisti nordamericani, alla “frode elettorale” che avrebbe permesso a Lula di vincere.

Su Gettr, ha usato spesso l’hashtag #BrazilianSpring per suggerire un parallelo tra le primavere arabe dei primi anni 2010 – quelle rivolte contro i regimi autoritari in paesi come l’Egitto e la Tunisia – e lo sforzo bolsonariano per sfidare i risultati delle elezioni presidenziali.

Negli Stati Uniti, i media pro-Trump hanno reagito non appena sono stati annunciati i risultati del primo turno in Brasile, il 3 ottobre. Il giorno dopo le elezioni, il sito di estrema destra The Gateway Pundit ha affermato in particolare che “massicce frodi” avevano rovinato il processo di voto.

Utilizzato da più di 20 anni, il voto elettronico diventa improvvisamente “dubbioso”

Al centro di queste accuse c’è uno degli obiettivi preferiti dai cospiratori: il voto elettronico, utilizzato in Brasile dalla fine degli anni 90. Le macchine per il voto elettronico – Dominion – facevano parte di un’alleanza tra Cina e Venezuela per fare Donald Trump perdere. .

Le trombe delle teorie del complotto “made in Usa” hanno fatto eco alle accuse mosse prima delle elezioni dallo stesso Jair Bolsonaro. In Brasile, dove il voto è interamente elettronico, il presidente uscente ha richiamato l’attenzione sull’esistenza di un sistema opaco che può essere modificato dall’interno.

Articolo completo da France24 qua

Traduzione di Adriana Petrescu

Attilio Trevisan

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