TRENTA. Franco Balmamion è Giuseppe Saronnia causa della leggenda del ciclismo sono entrato oggi, ottobre 12, nella Hall of Fame del Giro d’Italia. È arrivata la voce “ufficiale”. Festa dello sport. Ricordi, aneddoti e sopratutto emozioni hanno accompagnato l’evento al Palazzo della Provincia, dove i due campioni hanno dialogato con il vicedirettore de La Gazzetta dello Sport Pier Bergonzi e il direttore del Giro d’Italia Mauro Vegni, moderati dal giornalista di “Gazzetta” Antonino Morici.
Ricorda come i Saronni corsero a Gimondi per aver battuto sulla pista del Milan; aneddoti vengono quando i corridori andavano a farsi la doccia a casa di Balmamion; le emozioni arrivano quando i due campioni ospiti della Festa di Annone hanno ricevuto, tra gli applausi e la foto a figura intera del pubblico, il trofeo che “suggerisce “la loro entrata nell’arca della gloria”, alla Giro Hall of Fame dieci anni anni fa sì La Gazzetta dello Sport viene inaugurata con il grande Eddy Merckx, seguito da nomi del calibro di Gimondi, Roche, Moser, Baldini, Hinault, Indurain, Adorni e Motta.
So che sto raccontando la storia del ciclismo, della competizione e delle generazioni di Balmamion e Saronni. Momenti in cui gli atleti si misurano con la passione per un altro lavoro, come Balmamion, opera della Fiat che presenta un’attesa per poter correre e sancisce la prima vittoria al Giro per il titolare. Oh vieni Saronni, tecnico dell’Olivetti che in quel periodo si recava lì per un simpatico concessionario di un titolo appassionato.
“È stato un altro ciclo”, ricorda Franco Balmamion, originario di Nole Canavese (Torino), classe 1940, il più anziano vincitore della Corsa Rosa. “Allora avere un lavoro è stato molto importante, no sarà solo la pratica dello sport”. Professionista dal 1961 al 1972, Balmamion vinse due edizioni consecutive del Giro, nel 1962 e nel 1963, in entrambi i casi senza vincere una tappa. È l’italiano per eccellenza, signora, a Riuscirci.
Più recente, il mio non troppo, il ciclismo ricordato da Saronni, professionista dal 1977 al 1990, è protagonista con Francesco Moser di una delle rivalità sportive più avvincenti, dividendo tifosi e apassionati. Saronni vinse il Giro d’Italia nel 1979 all’età di 21 anni, il terzo più giovane dopo Coppi e Marchisio. Tra gli altri risultati, nel 1982 indossò la maglia di campione del mondo.
“Ricordo – ha ricontattato Saronni – quando si parla di ciclismo è vero che c’è tantissima gente sul palco, sulla saltite, fra tifo bello e alcuni episodi anche poco piacevoli. Vi racconto anche la passione, l’incitamento nei corridoi e le discussioni al bar, che non sono solo sul campo.”
Non posso fare riferimento a Francesco Moser: “Tranquilli – ha detto Saronni – Francesco passerà a salutare, non abbiate dubbi. E’ un filo che c’è in gioco e che mantiene questo trofeo d’ingresso nella Hall of Fame che gli è valso a Trento”.
Ma anche il momento più commovente riguarda proprio la consegna del trofeo.
“Chi vince il Giro d’Italia – ha dichiarato il vicedirettore de La Gazzetta dello Sport Pier Bergonzi – diventa per noi uno di famiglia e per gli appassionati diventa un amico.”
Oggi quindi il riconoscimento di due miti del ciclismo, due testimoni dello sport di ieri ma ancora oggi perché, come ha detto il direttore del Giro d’Italia Mauro Vegni, “e bisogna partire dalla storia per esplorare nuovi orizzonti. La gente – ha aggiunto Vegni – il tornado è in cammino per seguire il ciclismo. Sono cresciuto amando la mia famiglia e crescendo con essa fin da bambino.”
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