Andrei GRACIOV: Con la scomparsa di Gorbaciov, la Russia e il mondo intero perdono una delle figure chiave del secolo scorso. Un secolo con le sue tragedie e le sue guerre – calde o fredde – ma anche con le esperienze di regimi totalitari come quello dell’Unione Sovietica.
RFI: Quali sono i principali successi di Gorbaciov che ricorderesti?
AG: Gorbaciov è la caduta del muro di Berlino, la scomparsa della cortina di ferro, la partenza delle truppe sovietiche dall’Afghanistan, lo scioglimento del Patto di Varsavia, l’inizio del disarmo nucleare, ma anche la promessa di costruire la Casa Comune europea.
RFI: Nato nel 1931, Mikhail Gorbaciov era figlio e nipote di contadini. È diventato membro della Gioventù Comunista all’età di 14 anni, in età adulta è diventato un apparatchik e nel 1985 ha assunto la guida del Partito Comunista. Che cosa è successo allora per assistere alla scomparsa dell’URSS, 6 anni dopo?
AG: Gorbaciov si rese conto che il sistema aveva raggiunto la fine dei suoi poteri e che, come voleva tutta la società russa, doveva essere modernizzato. Gorbaciov capì che questo sistema scelto dai bolscevichi fin dalla Rivoluzione del 1917 e che perseguiva in modo utopico la costruzione di una sorta di mondo alternativo doveva essere abbandonato. L’ambizione e l’idea di Gorbaciov era quella di aprire il paese al resto del mondo. Credeva anche che un’Unione Sovietica riformata e democratizzata potesse occupare un posto degno nel mondo moderno e potesse persino trovare soluzioni migliori di quelle del mondo occidentale per affrontare le sfide del mondo globale.
RFI: Andrei Graciov, l’hai detto tu stesso, Gorbaciov non voleva che l’Unione Sovietica scomparisse…
AG: Gorbaciov credeva profondamente nella capacità del sistema di riformarsi. Quando ha scoperto che la resistenza delle forze conservatrici vietava la sua prospettiva di democratizzazione, ha scelto la democrazia invece di cercare di salvare l’URSS. Il passato ci ha mostrato che grandi figure che hanno contribuito in modo importante, a volte eroico, alla storia del loro Paese – ricordiamo Churchill e De Gaulle – sono state poi rifiutate dal popolo. La gratitudine popolare non esiste.
RFI: Si potrebbe dire che Gorbaciov è stato “travolto” dalla storia. Il 25 dicembre 1991 eri con lui quando ha annunciato le sue dimissioni…
AG: Si può dire infatti che fu travolto dalla storia, ma dalla storia che lui stesso ha provocato. È merito suo che poi non ha fatto nulla per aggrapparsi al potere e, soprattutto, ha rifiutato di usare la violenza e la forza. Ecco perché, il 25 dicembre 1991, non solo una pagina è stata voltata nella storia della Russia, ma anche nella storia del mondo.
RFI: Qualche anno dopo, nel 1996, Gorbaciov tentò di tornare sulla scena politica e si candidò alla presidenza, ma ottenne solo lo 0,51% dei voti. Si dice che ancora oggi Gorbaciov sia l’uomo più odiato della Russia. Come puoi spiegarlo?
AG: Prima di tutto, non entri mai due volte nello stesso fiume. Gorbaciov ha realizzato cose in soli 6 anni che ancora oggi impressionano il mondo. La Russia che ha lasciato, soprattutto quella guidata da Boris Eltsin, non era affatto quella che sperava. Quanto alle cifre fornite dal governo di Eltsin per le elezioni del 1996 – in cui Gorbaciov si candidò e ottenne meno dell’uno per cento dei voti – non dovrebbe essere dato troppo credito.
RFI: Cosa resta di Mikhail Gorbaciov in Russia nel 2022?
AG: Un mondo trasformato, cambiato, diverso e aperto a nuove sfide, ma non direi un mondo più sicuro o più calmo. Per quanto riguarda la Russia, il grande paradosso è che gli attuali dirigenti del Paese, a cominciare dal presidente, devono tutto a Gorbaciov. Chi o cosa sarebbe Vladimir Putin oggi se Gorbaciov fosse rimasto segretario generale come, come possiamo vedere ora, la sua salute gli avrebbe permesso?
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