Alluvioni in Italia, la giusta politica contro il rischio idrogeologico

Alluvioni in Italia, la giusta politica contro il rischio idrogeologico
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente della Commissione europea hanno catturato lo scorso maggio la regione alluvionale dell’Emilia-Romagna. Crediti: governo.it CC-BY-NC-SA 3.0 Computer

La mappa aggiornata delle alluvioni in Italia

(Rinnovabili.it) – Quasi 50 alluvioni causate da intense piogge torrenziali, più di 11 fiumi esondati, 6 rotture per precipitazioni eccezionali ogni anno. E’ la media che attraversa il Belpaese secondo i dati aggiornati dell’Osservatorio Città Clima di Legambienteche copre il periodo compreso tra il 2010 e il 31 ottobre 2023. Uno spaccato delle depositi alluvionali in Italia che sottolinea la necessità di rafforzare il clima politico e prevenzione del rischio idrogeologico.

La mappa dei alluvioni in Italia

I numeri dell’Osservatorio fotografano un paese in cui gli episodi di danni causati dall’acqua sono tutti all’ordine del giorno. E persino, in 14 anni, 684 alluvioni per piogge intense, 166 esondazioni di fiumi e 86 rotture sempre per piogge intenseche rappresentano il 49,1% del totale degli eventi censiti nel database.

La mappa di alluvionale in Italia mettere in zona rossa la Sicilia (86 casi), seguito da Lazio (72) e Lombardia (66). A seguire Emilia-Romagna, Campania, Puglia e Toscana in diretta 59 e 48 puntate. Anche loro sondaggi colpsicono l’intera penisola, da 30 casi della LOMBARDIA dal 25 in Emilia al 18 in Sicilia. Lombardia, Liguria, Calabria e Sicilia sono le regioni dove si registrano più freni.

Uno guardo più nel dettaglio rivela che le accuse collipiscono soprato le grande città. Roma su tutte con ben 49 puntate, seguono Bari con 21, Agrigento con 15, Palermo con 12, poi Ancora, Genova e Napoli con 10. I risultati, sotto il recente caso di Seveso, colpsicono Milano (20 casi), poi Sciacca, Genova e Senigallia, tutte sotto e 4 episodi.

Quale prevenzione del rischio idrogeologico?

Le centinaia di episodi che ci sono costati, nella gestione dell’emergenza, 1,25 miliardi di euro tra il 1999 e il 2022. Solo negli ultimi dieci anni il denaro pubblico utilizzato per la protezione e i casi critici ammonta a quasi 14 miliardi. “Eppure, nonostante tutto ciò, il governo Meloni nella rimodulazione del PNRR ha scelto di aumentare la somma destinata al contrasto del progetto idrogeologico, portando l’importo nazionale da 2,49 miliardi a 1,203 miliardi”denuncia Legambiente.

Secondo l’associazione ecologica la soluzione è sì una nuova governance del territorio che coniughi conoscenza, pianificazione e controllo. Come? In 4 passaggi. Innanzitutto l’approvazione definitiva del PNACC Piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici. E il finanziamento viene effettuato in modo adeguato perché non è probabile che sia rischioso. In secondo luogo, l’approvazione della legge sullo stop al consumo di suolo. Per andare oltre la logica dell’urgenza e degli interventi “invasivi e non risolutivi”, il terzo pilastro, secondo Legambiente bisogna “costituzione di un’unica direzione, nell’ambito delle Autorità di Bacino Distrettuali, attualmente emarginate, per costruire protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che permettano di conoscere l’andamento delle precipitazioni e i loro impatti sul territorio”.

Attilio Trevisan

"Appassionato sostenitore di Internet. Appassionato di musica pluripremiato. Fanatico del caffè. Studioso di social media per tutta la vita."

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *