come un governo attivista sta cambiando il panorama degli affari e spaventando i mercati, anche se i segnali c’erano fin dall’inizio

Molti temevano che la nazionalista Giorgia Meloni, dopo la caduta del presidente del Consiglio italiano, potesse essere una risorsa per l’Europa o un ostacolo alle decisioni dell’UE.

Invece, con manovre che il mondo del puro capitalismo considererebbe radicali, che vanno dal sovraccaricare i profitti delle banche al limitare i prezzi dei viaggi aerei nazionali, la prima donna a capo dell’esecutivo in Italia ha scelto di prendere di mira il settore imprenditoriale locale. Per Giorgia Meloni esercitare il potere significa maggiore influenza sulle grandi imprese, scrive Bloomberg.

L’attivismo del primo ministro negli affari societari nella terza economia più grande dell’UE diventa la sua caratteristica distintiva, con la sua versione del capitalismo che si cristallizza come quella in cui il ruolo del governo è molto diretto.

Dal convocare i vertici delle aziende pubbliche per discutere dell’uscita dei quadri, come ha fatto di recente con l’operatore di rete Terna, all’essere coinvolto nella cessione della rete dell’operatore telefonico Telecom Italia e cercare di trasferire una parte maggiore degli utili al casse delle banche statali, la Meloni sta agendo con più forza di quanto qualsiasi presidente del Consiglio italiano abbia mai fatto da decenni.

Quasi un anno dopo aver vinto le elezioni giurando di non irritare gli investitori, la promessa è ora mantenuta: la coalizione mantiene la prudenza di bilancio che fa la felicità dei creditori dello Stato, ma non degli azionisti.

“Solo il tempo dirà se perseguirà queste politiche dirigiste”, dice Rosamaria Bitetti, economista e docente alla Luiss di Roma. “Il cambiamento solleva interrogativi sul fatto che si tratti semplicemente di un diversivo estivo o di un riflesso delle vere intenzioni del suo governo interventista”.

La decisione della Meloni di acquisire una partecipazione del 20% in Telecom Italia nell’ambito dell’offerta del fondo di investimento KKR per l’ammiraglia italiana delle telecomunicazioni è una chiara dichiarazione di intenti. Ma i segnali c’erano fin dall’inizio.

Il 46enne primo ministro è un politico di destra le cui radici affondano in una tradizione di controllo statale dell’economia e, da quando è salito al potere, ha cercato di rimodellare l’Italia corporativa.

Il Presidente del Consiglio ei suoi colleghi hanno cambiato i vertici di diverse aziende pubbliche, tra cui il colosso energetico Enel, e hanno nominato un nuovo governatore della Banca d’Italia.

La strategia si è basata anche sul caso, essendo scaduti diversi mandati, ma il messaggio economico emergente del governo Meloni è sempre più quello di un’Italia aperta agli affari, ma con i politici al timone.

Poi, si fa sentire la presenza crescente del suo populista vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini.

Dalla morte dell’ex premier Silvio Berlusconi, che guidava uno dei principali partiti della coalizione, il governo fa sempre più un doppio atto tra Meloni e Salvini, costringendo quest’ultimo ad accontentare la base populista.

La sua diffidenza verso il mondo degli affari e la necessità di collaborare con il leader leghista si è manifestata anche nella decisione di imporre una tassa del 40% sugli extraprofitti delle banche italiane. Salvini ha introdotto la tassa in una conferenza stampa alla quale Meloni era assente, e il risultato è stato un crollo dei titoli bancari. Un messaggio chiaro inviato da questa tassa, che consente al governo di rimpinguare le casse dello Stato per pagare le promesse elettorali fatte agli elettori, come i tagli alle tasse per le famiglie, è che se c’è qualcosa da pagare, le aziende potrebbero pagare il conto.

Un altro segnale rivelatore dell’approccio di Meloni è un decreto adottato con la tassa eccezionale che consente allo Stato di bloccare i trasferimenti di tecnologia verso Paesi extra Unione Europea in settori strategici come AI, semiconduttori, aerospaziale ed energia.

Sebbene il provvedimento sia in gran parte rivolto alla Cina e sollevi preoccupazioni per le tecnologie all’avanguardia che cadono nelle mani sbagliate, è il tipo di strumento che un governo interventista potrebbe utilizzare su larga scala anche contro alleati come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna.

Anche un’altra decisione da prendere questa settimana per autorizzare la nomina di un commissario straordinario per monitorare e assistere gli investimenti esteri superiori a un miliardo di euro apre le porte ai politici per controllare il processo.

Tarso Mannarino

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