Crisi politica all’italiana e debolezze di un’economia grande ma vulnerabile

Il mese scorso la BCE si è riunita d’urgenza e ha annunciato l’istituzione di uno strumento finanziario contro l’aumento dei differenziali di tasso di interesse a cui si indebitano gli Stati della zona euro. Ieri l’Italia è entrata in una zona di crisi politica. L’occasione per dare uno sguardo all’economia italiana.

Di recente, il professore francese di economia all’Università di Lione, André Tiran ha pubblicato un’analisi sulle caratteristiche dell’economia italiana. Il debito pubblico è il doppio della media dell’eurozona, raggiungendo il 156% del prodotto interno lordo. Solo la Grecia ha un debito più alto dell’Italia. Ma non è solo debito sovrano. L’Italia ha una grande economia sommersa, ci sono grandi differenze nello sviluppo regionale, soprattutto tra nord e sud del paese, e c’è anche una burocrazia soffocante. Gli studi dimostrano che l’Italia ha un basso tasso di occupazione e le istituzioni statali operano in modo inefficiente. Da questi punti di vista l’Italia è abbastanza simile alla Romania.

Il professor Tiran cita uno studio di due professori italiani di due università americane dal titolo “Diagnosis of Italian Disease”. Questa è, ovviamente, la malattia dell’economia. Il problema principale è la mancanza di meritocrazia che porta alla bassa produttività di cui soffre l’Italia. Il livello di produttività in Italia, infatti, è del 17% inferiore a quello dei paesi più performanti dell’OCSE.

Disposizioni…

La gestione delle aziende italiane si basa più sulla lealtà che sul merito. Per lealtà intendiamo una sorta di clientelismo e accordi dietro le quinte. Le imprese italiane, infatti, hanno investito meno di quelle francesi, tedesche o spagnole, perché gli azionisti sono riluttanti a investire per paura di perdere il controllo della società.

Le grandi imprese italiane sono ancora imprese familiari e ricevono aiuti di Stato, direttamente o indirettamente. Le imprese italiane beneficiano del settore delle costruzioni o di servizi pubblici privatizzati come l’elettricità o le comunicazioni. D’altra parte, le aziende investono relativamente poco in settori innovativi all’avanguardia come la bioingegneria o l’idrogeno.

Nella pandemia l’economia italiana ha sofferto più delle altre economie dell’Eurozona. Ha registrato un calo economico del 9%, rispetto alla media dell’Eurozona del 6%. Elevate le perdite del turismo, settore con un peso significativo del 13% nell’economia italiana. Ma l’Italia ha anche un’importante base industriale, la seconda nell’Unione Europea dopo la Germania. L’Italia ha diverse aziende presenti sui mercati internazionali con buoni risultati, ma secondo gli esperti c’è bisogno di investimenti e rinnovamento di molti settori industriali.

L’Italia sta vivendo un declino demografico. Il tasso di natalità è in calo, la popolazione del Paese ha raggiunto i 59 milioni e, al ritmo attuale, l’Italia perderà tra i 5 e gli 8 milioni di persone entro il 2050 e, allo stesso tempo, ci sarà un processo di invecchiamento della popolazione, che metterà sotto pressione il sistema sanitario e il fondo pensione pubblico.

Uno degli indicatori più preoccupanti è quello dei cosiddetti NEET, vale a dire i giovani tra i 15 ei 29 anni che non sono né a scuola, né al lavoro, né in fase di formazione professionale. Con una percentuale del 23% della popolazione, 2,1 milioni di abitanti, l’Italia è al primo posto al mondo nella classifica mondiale dei NEET.

L’Italia è il principale beneficiario del piano europeo Next Generation con uno stanziamento di 190 miliardi di euro. Ma, come la Romania, la capacità di generare progetti è ridotta. In conclusione, sebbene l’economia italiana sia la terza dell’Unione Europea, necessita di aggiustamenti e ristrutturazioni. Pertanto, una crisi politica all’italiana verrebbe nel momento più inopportuno.

Attilio Trevisan

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