Come una rumena cresciuta in Italia è riuscita a scappare dall’ergastolo dopo aver ucciso la sua fidanzata, anche lei rumena

La Suprema Corte di Cassazione italiana ha annullato la condanna all’ergastolo nel caso di Margareta Buffa, processata per complicità nell’omicidio di Nicoletta Indelicato, di origine rumena.

Con una decisione sorprendente, la Corte Suprema di Cassazione italiana ha annullato la condanna all’ergastolo di Margareta Buffa, una donna di 34 anni di origine rumena condannata all’ergastolo per complicità nell’omicidio di Nicoletta Indelicato.

Quest’ultimo, 25 anni, anche lui di origine rumena, è stato ucciso nella notte tra il 16 e il 17 marzo 2019, nell’area rurale della contrada Sant’Onofrio, nei pressi della cittadina di Marsala. Si dice che le abbiano sparato e poi pugnalata 12 volte, bruciata e sepolta in un vigneto. Oggi.

I tre protagonisti di questa storia, tutti di origine rumena, erano amici: le due ragazze erano state adottate da bambine da famiglie marsalesi.

Il movente dell’omicidio non è stato ancora del tutto chiarito, anche se sembra legato ad un passato di risentimenti e gelosie.

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Sembra che Nicoletta Indelicato abbia avuto una breve relazione con Carmelo Bonetta, divenuto nel frattempo amante di Margareta. Carmelo Bonetta, 39 anni, ha confessato ed è stato infine condannato dalla Suprema Corte di Cassazione nell’aprile 2022 a 30 anni di carcere per l’omicidio di Nicoletta Indelicato.

Bonetta ha raccontato agli investigatori di essersi nascosto nel bagagliaio dell’auto con cui Margareta aveva prelevato Nicoletta nel quartiere di Sant’Onofrio e di essere saltato fuori dall’auto, coltello in mano, quando l’amico si è fermato. Tuttavia, ha poi aggiunto di aver inflitto “solo tre coltellate” alla vittima e che le altre sarebbero state inflitte da Buffa.

Margareta Buffa, invece, avrebbe sostenuto di non aver partecipato al delitto e di essere svenuta dopo aver inferto la prima coltellata all’amica.

Non sono note le motivazioni che hanno portato all’annullamento della decisione della Corte Suprema, poiché non sono state ancora depositate.

Serena Megna

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